Così “piccolo” e così importante. La memoria politica
degli ultimi anni non trova un altro voto locale, al ballottaggio per di più,
con tanta posta in gioco come quello di domenica. Sfide che passano da numeri,
percentuali e singole città. Ma soprattutto dal peso politico di ciascuno di
loro e nel loro insieme.
TUTTI I NUMERI DEL BALLOTTAGGIO – Sono 111 i comuni
al voto (erano 1004 al primo turno) di cui 22 capoluogo di provincia, per un
totale di 4,3 milioni di aventi diritto. I candidati di centrosinistra partono
in testa in 45 comuni e inseguono in 41. Quelli di centrodestra sono risultati
primi in 44 comuni (tra cui 9 capoluogo) e secondi in 33. Un solo candidato M5s
è in vantaggio per il secondo turno mentre 7 sono stati meno votati del loro
competitor. La Lega è in testa in 3 ballottaggi e seconda in 5. Fratelli
d’Italia ha un candidato in pole e 3 in seconda piazza. E poi le liste civiche:
sono “civici” ben 4 tra i più votati al primo turno e 11 i meno votati. I
“civici” di sinistra sono in vantaggio con due candidati e 3 che devono
rimontare.
Il Movimento 5 Stelle, infine: sono in corsa solo in 10
comuni tra cui i più importanti sono Asti e Carrara.
LE PERCENTUALI – Possiamo dire che sono 6 le città
da monitorare con maggior interesse e di cui fissare in memoria lo stato della
competizione. A Genova, la partita più importante, se la vedono
l’imprenditore Marco Bucci, uomo fortemente voluto dalla Lega e subìto dal
vertice di Forza Italia, che guida con il 38,8%; e Gianni Crivello, l’assessore
ai Lavori pubblici e alla manutenzione della giunta Doria, stimato dai
cittadini, al voto senza attendere il via libera di Roma e con il simbolo del
Pd piccolo insieme a quelli di altre tre liste di appoggio. Crivello è dietro (33,4%)
e al ballottaggio potrebbe contare non tanto sui voti del 5 Stelle Pirondini
(più possibili in partenza verso il centrodestra) quanto su quelli dei due
transfughi 5 Stelle, Cassimatis e Pucci.
La seconda sfida cerchiata di rosso è Parma dove
l’ex 5 Stelle Federico Pizzarotti è in
testa con il 34,7% dei voti seguito da Paolo Scarpa (32,7%), l’ingegnere che
cita Ghandi, il civico che ha vinto le primarie del Pd ma non è mai stato il
candidato del Pd. Verona ha visto sfumare il duello tra due Giuliette
(la tosiana Patrizia Bisinella ha staccato dello 0,8 per cento la piddina
Orietta Salemi) e adesso se la vede con un non meno originale scontro tra la senatrice Bisinella (compagna di Tosi,
transfugo della Lega) che avrà il sostegno del Pd e Federico Sboarina, l’uomo del
Carroccio che tiene unita la coalizione di centro destra. Stato dell’arte:
Sboarina 29,3, Bisinella 23,5.
Asti diventa la bandiera dei 5 Stelle essendo
l’unico capoluogo dove sono al ballottaggio. Massimo Cerruti (15,3%) è arrivato
al ballottaggio dopo uno sfinente conteggio delle schede durato quasi tre
giorni facendo fuori la piddina Angela Motta per soli sei voti. Nettamente in
testa il candidato del centrodestra Maurizio Rasero, uomo di punta di Forza
Italia che tiene insieme Lega e Fdi e ha sfiorato la vittoria al primo turno
con il 47,6%. Città chiave per i 5 Stelle è anche Carrara dove il
candidato grillino Francesco De Pasquale ha ottenuto al primo turno il 27,3%
dei consensi superando anche la lista M5s ferma al 23%. L’avversario è il
piddino Andrea Zanetti (25,3%). La capitale del marmo ha visto consumarsi una
frattura durissima nel Pd tra Zanetti (vicesindaco della prima giunta Zubbani),
e Andrea Vannucci scelto dalla segreteria comunale del pd (vicesindaco della
seconda giunta Zubbani). Il risultato è che se nel 2012 il Pd da solo contava
il 27,17%, oggi lo scontro Zanetti-Vannucci ha impedito la vittoria al primo
turno. Vannucci vale il 15 %. Vedremo se e dove offrirà il suo tesoretto nel
ballottaggio di domenica. Infine Taranto, la città dell’Ilva. C’era
molto attesa per capire dove avrebbe portato il suo cuore la città massacrata
prima dalle malattie poi dalla chiusura dell’acciaieria e dal taglio dei posti
di lavoro. In partenza una bolgia di 32 liste e 10 candidati. Alla fine i 5
Stelle sono crollati, il centrosinistra
ha tenuto e il centrodestra ha rialzato la testa. Stefania Baldassarri (Fi e
cdx) è in vantaggio (22,3%) sul candidato del Pd Rinaldo Melucci (17,9%). La
crisi di Taranto avrebbe dovuto far volare i 5 Stelle che invece si sono
fermati al 12 per cento.
LE SFIDE – Mai voto locale ha avuto un peso politico così
nazionale. Tutti si giocano qualcosa, nessuno è escluso, centrodestra,
centrosinistra e 5 Stelle. Non è un caso che i leader siano stati molto alla larga
da comizi e appuntamenti elettorali. Tranne Grillo, che però non ha avuto
soddisfazione. Le amministrative, però, ci hanno riportato indietro ad un
sistema bipolare (grazie al ballottaggio, che invidia) che è – al momento –
quanto di più lontano dal proporzionale puro che ci aspetta alle politiche del
2018. Nello sfinente balletto del centrosinistra – tra il logoramento di
Renzi, l’indecisione di Pisapia, le forzature di Mdp che vorrebbe prendere da
Pisapia ma anche dai vari Montanari-Falcone che si stanno affacciando sulla
scena e poi tenere su il governo ma anche buttarlo giù pur di andare contro
Renzi - queste amministrative potrebbero regalare un segnale molto forte che
chiede – quasi banale dirlo – unità. Ma mette in evidenza anche la forza delle liste
civiche che riducono la centralità del Pd. Nei territori hanno deciso di uscire
da questo pasticcio scegliendo candidati non imposti da Roma – vedi Scarpa a
Parma e Crivello a Genova – e che mettono insieme Pd e Mdp. Come se la
scissione non ci fosse stata. Sarà difficile, alla fine, individuare in questa
partita un vincitore simbolico tra Renzi, Bersani o Pisapia. Meno male che il
primo luglio (data della manifestazione a Roma da cui dipendono, pare, le sorti
progressive del centrosinistra) arriva dopo il 25 giugno.
Indicazioni assai più chiare arriveranno invece per il centrodestra
e la sua leadership. In palio c’è la centralità di Berlusconi rispetto alla
trazione leghista che pure è stata molto ridimensionata nel consenso. L’asse da
tenere d’occhio è quello Toti-Salvini che uscirebbe molto rafforzato se il
centrodestra vincesse a Genova e a Verona. Il presidente di Forza Italia vuole
un proporzionale dove Forza Italia e quindi lui tornano ad essere centrali e
dirimenti. Non si fida di Salvini – non si parlano da mesi – meno che mai del
progetto populista della Lega. Dunque vincere, sì, ma con prudenza. Che poi i
due giovanotti si montano la testa. Di certo il dibattito sullo ius soli
favorisce il centrodestra.
Motivo per cui il tema della cittadinanza è diventato
centrale anche per i 5 Stelle che l’hanno appoggiato fino all’11 giugno
per mollarlo il giorno dopo, su ordine del blog, per andare a recuperare,
almeno ai ballottaggi, quel 9 per cento
di voti che hanno regalato alle destre. Il
Movimento è in un passaggio delicato: non buca più, già troppo vecchio
rispetto alle promesse che sono poi sempre le stesse, certi slogan –
uno-vale-uno- sono merce per le barzellette e vignette satiriche. Per non
parlare di come amministrano Roma e Torino.
Grillo cerca di correre ai ripari cercando la radicalizzazione dei temi.
E cercandola a destra (più facile). Il tema è “noi soli contro tutti gli altri
che vincono grazie al trucco delle liste civiche”. Si avverte una lesione tra
Grillo – ortodosso a muso duro – e David Casaleggio regista del tavolo a 4
sulla legge elettorale (finito in nulla) e già pronto per andare al governo. La
parola chiave è il simbolo. “Andremo tra la gente con un nome e simbolo chiari,
il MoVimento 5 Stelle non ha bisogno di nascondersi e di confondere le idee
agli elettori come fanno gli altri partiti”. Tornano i toni quasi messianici
delle origini. Quanto tutto andava bene. Perché alla fine il problema è soprattutto
governare, sporcarsi le mani, fare e anche sbagliare. Molto meglio, più facile,
soli e rigorosamente all’opposizione.
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